Long Wei, il Kung Fu cinese a Milano nei fumetti

Oggi parlo di qualcosa di completamente diverso, ossia del nuovo fumetto, tutto italiano, su arti marziali e cinesi a Milano: Long Wei.

Long Wei lo aspettavo da un po’, perché la pressante campagna pubblicitaria virale autoprodotta e autorealizzata, con adesivi appiccicati in giro per la città, numeri 0 abbandonati di qua e di là per il primo che lo trovava, candid camera e tutto il resto, mi aveva incuriosito parecchio.
Il numero 1 sarebbe dovuto uscire a marzo, poi invece è slittato a fine maggio e, finalmente, settimana scorsa è uscito. Avrei dovuto prenderlo all’ultimo Cartoomics, ma erano finite le copie e mi sono dovuto accontentare del numero 0, gentilmente regalatomi da uno degli autori con tanto di autografo e dedica.

Purtroppo per trovare il numero 1 ho dovuto girare ben sette edicole, le prime sei non lo avevano finito, non sapevano nemmeno cosa fosse, alla settima era arrivata solo la copia che ho preso io.
Un po’ poco, a mio avviso, perché l’esperimento è davvero intrigante e merita di avere una chance.

Prima di parlare del numero 1 di Long Wei devo fare un paio di piccole premesse. Il fumetto me lo sono pagato io, non mi è stato mandato gratis per parlarne, quindi quello che dirò potrà essere usato contro di me in tribunale è quello che penso davvero e non è piaggeria o astio verso gli autori.
Seconda cosa, visti i nomi importanti coinvolti, devo stare attento perché è capace che vengano qui a farmi un culo a cappello di prete se dico una cagata. In senso buono.

Fatte le dovute premesse, cominciamo.

Long Wei è un fumetto in formato Bonelli, 98 pagine in bianco e nero, edito da Editoriale Aurea, quella di Lancio StorySkorpio, per intenderci.

Nasce dalle menti di Roberto Marino, direttore dell’Editoriale Aurea, e Roberto Recchioni, il Rrobe, da poco nominato curatore di Dylan Dog, per un rilancio e uno svecchiamento della testata, nonché autore del famoso numero di Dylan Mater Morbis, creatore e autore di John Doe, autore di Tex e di mille altre cose. Come si dice da queste parti, non esattamente un pirla. Può non piacere come persona, ma il suo lavoro lo sa fare.

La serie vera e propria è poi stata sviluppata da Diego Cajelli, lo scrittore atomico di cui seguo fedelmente il blog, anche lui autore di mille cose tra cui: Diabolik, Zagor, Milano Criminale e Dampyr, per citare i più conosciuti.

Alle matite, pennelli e chine c’è, per il primo numero, Luca Genovese, disegnatore che si è affacciato al mondo dei comics agli inizi del 2000 e si sta facendo strada, apprezzato già su John Doe.
Lungo la serie si daranno il cambio con altri sceneggiatori e disegnatori.

Ma veniamo al fumetto vero e proprio.

Long Wei, dicevo, è un esperimento molto interessante per tutta una serie di motivi.

Prima di tutto perché è strutturato a mini-serie, tipo stagione di un telefilm. Per ora sono previsti 12 numeri, poi se avrà successo, ovviamente seguiranno altre serie. Quindi già l’approccio è diverso, si sa che è una serie che avrà una conclusione, non è un fumetto che andrà avanti ad oltranza. Per me questa è una buona cosa e permette di focalizzarsi su una trama generale da sviluppare lungo tutto il corso della serie, composta comunque da avventure a se stanti, ma legate da una continuity.

Secondo, parla di arti marziali. I fumetti per loro struttura intrinseca sono statici e poco si prestano alle forme dinamiche, all’azione e alla spettacolarità tipica dei combattimenti di arti marziali. Bisogna avere dei disegnatori davvero in gamba per rendere fluido un combattimento così coreografato in un media che è graficamente statico per sua natura. Gli autori, Luca Genovese e Diego Cajelli, sono ferventi appassionati di arti marziali, nonché di film cinesi sul genere, e la loro passione nel primo numero si vede tutta. Sono anche arrivati a dotare di uno stile di Kung Fu preciso il protagonista, Long Wei, invece che fagli fare mosse a caso.

Terzo, i protagonisti sono una famiglia di cinesi immigrati in Italia, così come il protagonista Long Wei. È un’idea nuova e abbastanza intrigante mettere al centro di un fumetto uno straniero in terra straniera, stavolta la nostra, e può essere un buono spunto anche per “aprirci la mente” ad una cultura, come quella cinese, fin troppo data per scontata, quando in realtà, io per primo, so poco e niente. Spero che questa sia una delle strade che verranno battute nella serie.
Si parla anche di mafia cinese, ma, esattamente come vedremo dopo per Milano, è una mafia cinese da fumetto d’azione, dal momento che Long Wei non è un fumetto di denuncia o d’inchiesta, ma fiction con uno scopo ben preciso. Poi sinceramente credo sia davvero difficile per chiunque addentrarsi in un territorio tanto oscuro e pericoloso… in più son convinto che gli autori non abbiano voglia di finire a ingrassare i pesci del Naviglio.

Ultimo, ma non meno importante, Long Wei si svolge a Milano, in zona Paolo Sarpi e limitrofi. Stranamente i fumetti italiani più mainstream si svolgono tutti all’estero e mai in Italia. Per me è un piacere vedere lo skyline di Milano e alcuni suoi scorci della città nelle tavole. Lo trovo un bel modo per conoscere la mia città filtrata dagli occhi di altri, magari scoprire luoghi che non conoscevo o a cui non ho mai prestato attenzione. Long Wei è un modo per riscoprirla. Anche se, visto che si parla di fumetti, sarà comunque una Milano da fumetto, con luoghi che esistono solo sulle pagine disegnate, inseriti per esigenze narrative, anche se, nel primo numero, Via Paolo Sarpi è perfettamente riconoscibile.

Il numero 1 di Long Wei si intitola Il Drago. Purtroppo soffre del problema di tutti i numeri 1: è un numero introduttivo. Bisogna presentare i personaggi, far capire quali sono i buoni, quali sono i cattivi, introdurre un minimo di background del protagonista da sviluppare un po’ per volta, contestualizzare la storia e l’ambientazione, dare un’idea di quale possa essere il genere e le tematiche.
Con questo non voglio dire che è brutto, ma solo che parte un po’ lento, anche se la lettura è effettivamente molto fluida, complici i bei dialoghi di Cajelli e le efficaci tavole di Genovese, che riesce a rendere bene i combattimenti.
Devo essere sincero: mi aspettavo decisamente peggio, non perché non abbia fiducia in Cajelli, ma solo perché i numeri uno sono così, delle brutte rogne. Invece mi sono trovato in mano un numero con più azione, dialoghi meno pesanti e meno Momenti Spiegone di quello che mi aspettassi, il che fa bene sperare per il proseguimento della serie.

La storia è abbastanza semplice: Zio Tony, ispirato al mitico Sammo Hung, ha un ristorante cinese in Paolo Sarpi ed è sull’orlo del fallimento, sia per la scarsità di clienti, sia perché si sputtana tutti i soldi nella bisca clandestina di Tsui.
Come ultima mossa disperata, Zio Tony, invece che chiedere aiuto a Gordon Ramsay o allo chef Cannavacciuolo per tirare su le sorti del ristorante, chiama i parenti in Cina chiedendo soldi.
Loro per tutta risposta gli mandano Long Wei, giovane attore di film di arti marziali che ha abbandonato la carriera, ancora non si sa perché e per come sia fallito nel cinema, ma penso si scoprirà con l’andare della serie.
Solo che Long Wei non è un attore e basta, è davvero un combattente esperto di vari stili di Kung Fu cinese e il suo aiuto consiste nel prendere a cinquine e a calci in faccia Uattààààà! gli sgherri di Tsui, mandandogli a monte la bisca e costringendolo ad estinguere il debito di Zio Tony.
Ovviamente con la mafia cinese non ci si può prendere tutta questa confidenza e Tsui non ci mette niente a dichiarare guerra a Zio Tony, alla sua famiglia e a Long Wei.

Non vado oltre per non spoilerare, dico solo che il numero è pieno zeppo di citazioni ed omaggi ai grandi film di arti marziali cinesi, dal mitico Jackie Chan con i suoi combattimenti fuori di testa, a Jet Li con la sua potenza ed efficacia, fino all’immancabile Bruce Lee.

In sintesi questo primo numero di Long Wei – Il Drago mi è piaciuto abbastanza, anche se minato da tutti i limiti che i numeri 1 si portano dietro. Di sicuro seguirò la serie perché è un progetto che può offrire molto se trattato bene, sperando che decolli e diventi più interessante con l’andare dei numeri, senza sfociare nella banalità.

Se volete siete ancora in tempo per recuperare il primo numero che è uscito venerdì scorso. Il numero 2 uscirà in edicola solo a metà luglio.

 

Scritto da: MrChreddy

"Sono la prova scientifica che si può vivere una vita intera in completa assenza di cervello"

6 pensieri su “Long Wei, il Kung Fu cinese a Milano nei fumetti

  1. Non sono un esperto di fumetti e quindi ho pochissima voce in capitolo.. Ma il primo pensiero che ho avuto è stato “un fumetto d’azione? Un ottimo espediente per riempire tavole e tavole n

    • Claudio, snì :D

      Nel senso che il tuo ragionamento si può estendere a qualsiasi cosa, dai film ai fumetti di supereroi ecc…

      Come dico nel post se puntano all’approfondimento della cultura cinese potrebbe essere interessante, vediamo come si evolve. Certo se rimane un pretesto per fare solo una serie di combattimenti di arti marziali allora muore lì dov’è, però potrebbe diventare interessante :)

      Dragonball l’ho seguito per la prima serie, era comico e molto divertente. Poi quando è diventato tutto combattimenti fini a se stessi e inutili l’ho mollato.

  2. la mia fidanzata ce l’ha all’edicola. stasera me lo porta. sembra ganzo. l’inizio è uguale a “l’urlo di chen terrorizza anche l’occidente”. il film m’è piaciuto un monte sicchè mi sparo anche il fumetto

      • letto! è ganzo. m’è piaciuto. la storia me lo immaginavo che mi sarebbe piaciuta perchè è come “l’urlo di chen ecc ecc” e m’era piaciuto il film sicchè partivo prevenuto in positivo. poi i disegni, i combattimenti sono spettacolari, sono proprio dinamici e naturali.
        I personaggi sono resi con pochi tratti ma si distinguono tutti benissimo. Il protagonista m’è rimasto simpatico da subito, è sbruffone/tranquillo, il classico buono che io tifo sempre.
        Poi mi piace che è fatto tipo a puntate, con i supercattivi che ancora non si sono visti all’opera.
        Mi fogo per le robe mega semplici, proprio cattivi cattivi che devono essere sconfitti dall’eroe buono. Magari il contenuto ormai è banale però mi piacciono le storie così (mi piace “True Justice” per dire, dove il Seagal sfonda tutti da fermo e fine)

        ps mi sono esaltato quando ho riconosciuto la citazione di jackie chan con la scala, io sono abbastanza ciuco di cultura pop (fumetti film ecc) quindi quando riconosco una citazione mi prende bene

        grazie dell’articolo perchè sennò non avrei saputo nemmeno l’esisteva di questo fumetto

        • Figurati, mi fa piacere ti sia piaciuto, ho sempre paura di consigliare cagate :D

          A proposito, domani ti mando la mail, scusami ma ancora non sono riuscito a scriverla :P

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