Casual, hardcore e radical chic gamers

go play outside

Fin da quando avevo 5 anni sono sempre stata una giocatrice onnivora ed ero già bella e che formata (videoludicamente parlando) quando ho scoperto il meraviglioso mondo delle classificazioni. Io con la tassonomia, proprio come concetto, non ci vado molto d’accordo, e quei folli che leggono questi miei deliri settimanali lo sanno bene: per me non conta assolutamente nulla come una cosa è definita secondo lo standard di qualcun’altro. Per rendere l’idea, Star Wars non è sci-fi e Uncharted non è un adventure.

In realtà questa minchiata shakespeariana che “la rosa profumerebbe lo stesso anche se avesse un altro nome” la pensiamo io e altre 3 persone sul globo, quindi per comunicare con la razza umana mi adeguo e chiudo tutte le cose in tante belle scatole etichettate che così tutti sono più contenti, del resto è sicuramente più facile usare un epiteto monosillabico per descrivere una cosa/fenomeno/persona piuttosto che sforzarsi di capirne le sfaccettature.Tu giochi, ami i videogiochi, adori la fantascienza, leggi tanto, sei secchiona (ormai questo non più)? Beh, allora sei nerd! Ti piace il pc, ti compri stupidi gadget tecnologici, fai il benchmarking sulle schede video e ti arrapi pensando alla risoluzione del 4k? Beh, allora sei un geek.
Continuando l’esempio della classificazione umana poi ci sono i bimbimichia, i newbie (noob, nabbo, niubie, nabboni o semplicemente nub),gli haters, i fanboy, i mezzosangue.. no quelli erano di Harry Potter.

Se trasportiamo questo discorso in ambito videoludico abbiamo due categorie di gamers, gli hardcore gamers e i casual gamers. Si odiano a morte: avete presente americani e comunisti? Esattamente così però senza nessun motivo reale… no, aspetta era così anche per americani e comunisti…

Quando un hardcore gamer parla dei casual gamers lo fa con quel pizzico di ritroso disgusto tipico delle persone che hanno appena pestato un cacca di cane. È fastidioso avere la suola sporca; quando sei seduto ne senti la puzza e se entri da qualche parte sporchi da per tutto. Prima essere gamer era un cosa figa perché era di nicchia: ce ne erano pochi e parlavano un codice linguistico tutto loro. Capitava raramente di pestare le cacche (o di comunicare con i casual gamers) perché, diciamoci la verità, erano effettivamente poche (o pochi). Ora che la tendenza si sta invertendo, e i videogame sono diventati un prodotto per il pubblico di massa, il rapporto tra hardcore e casual si è invertito e i codici che distinguono gli uni dagli altri si sono irrigiditi.

Gli hardcore duri e puri non hanno la Plei e non hanno la Icsbocs, gli hardcore giocano solo al PC.
Piuttosto che toccare un pad, un joystick o una levetta analogica venderebbero la madre a Satana.
Non hanno pollice, indice, medio, anulare e mignolo, hanno SPAZIO, D, S/W, A e CTRL/SHIFT.
Hanno una coordinazione occhio mano da far invidia a un pilota di formula uno.
Considerano la Wii l’anticristo.

Distinguerete facilmente gli hardcore gamer perchè prendono fuoco se vedono questa foto.

Distinguerete facilmente gli hardcore gamer perchè prendono fuoco se vedono questa foto

Al contrario di come funziona per la Triade di MacDonald  nei serial killer, solo quelli che posseggono tutte queste caratteristiche possono considerarsi hardcore gamers, se qualcosa manca sei fuori (casual travestito dimmerda). Altra caratteristica fondamentale che rende riconoscibili gli hardcore è il loro incondizionato senso di superiorità nei confronti di chiunque non faccia parte della categoria.

Ora io non voglio fare l’apolgia dei casual gamers perché, a dire il vero, anche loro si basano su stupidi preconcetti e rigidi codici, per non parlare della considerazione che hanno dei loro acerrimi rivali. I casual gamer parlano infatti degli hardcore come di poveri insignificanti disadattati che trascorrono la loro vita chiusi in un bozzolo di bava, ossessionati dal mondo dei videogiochi e pronti a sparare sulla folla non appena smettono di giocare a Doom.

I casual gamer posseggono almeno una console Nintendo di settima generazione.
Incontrano difficoltà quando giocano a livello MEDIUM e sopratutto se ne lamentano.
Non sanno che gli RPG e i GDR sono la stessa.
Pensano che Call of Duty sia un bel gioco, anche dopo il 375 episodio, esattamente uguale ai precedenti 374.
Ultimo, ma più importante, non sanno di essere casual gamers.

Hardcore gamer

Distinguere altrettanto facilmente i casual gamers perchè vi descriverrano gli hardcore come il ciccone di The Gamer

Confesso, senza nessuna forma di vergogna, che quanto detto fino ad ora sono sì esagerazioni, utili però a rendere manifesto il drammatico fenomeno in atto all’interno del mondo dei videogiochi. Qui tutti i grandi del mercato, dagli sviluppatori software a quelli hardware, stanno a farsi la guerra per accaparrarsi il sostegno, o quanto meno i soldi, dell’uno o dell’altro idiota gamers di cui sopra.

Sinceramente, da videogiocatrice “per passione” vi confesso che tutto questo non mi tangerebbe minimamente se non andasse ad influenzare direttamente la forma d’intrattenimento che più amo insieme al cinema. Certo, le guerre intestine ci sono sempre state, tra hardcore e casual gamer, ma ognuno aveva le proprie condizioni, le proprie fissazioni e i propri giochi.

La verità è che certe dinamiche cominciano ad incidere sulla qualità media dei prodotti, che sta scadendo, non perché bisogna accontentare i casual, fare prodotti alla portata di tutti e vendere di più, né tanto meno perché bisogna invece continuare a proporre giochi che seguano i rigidi standard richiesti da quei fissati degli hardcore. Semplicemente ciascuno dei tre attori è così concentrato su se stesso che tutti si sono completamente dimenticati del gioco, inteso proprio in senso stretto, si sono dimenticati dell’azione di giocare.

C’avete abbondamente abboffato la palle!

È proprio da qui che nasce, da questo abboffamento, la terza categoria di gamers: i radical chic gamers, quelli che sono così stufi di vedere sempre le stesse cose e sentire sempre i soliti discorsi triti e ritriti che chiudono le orecchie, gli occhi e il naso (non la bocca) e cominciano a scegliere i videogiochi con le pinze, dopo un’accurata selezione, in base a criteri del tutto personali e vaffaculo a tutti.
La macrocategoria preferita dei radical chic gamers sono gli indie, quei giochi che si cagano veramente in pochi, costano ancora meno e che spesso generano soddisfazioni esponenziali. Il grande pregio degli indie è che non sono fatti per accontentare nessuno, ma sono semplicemente idee belle o brutte, buone o meno buone, che vengono attuate e messe a disposizione degli acquirenti. Certo, si possono trovare delle invereconde schifezze, ma allo stesso modo è possibile scoprire piccoli gioielli di ingegnosità sia sul piano del gameplay che del level design.
Dov’è la differenza? Che belle o brutte, buone o non buone, sono cose nuove, fatte da gente nuova con idee nuove.

Capitemi, non voglio buttare al cesso in toto uno dei mercati più remunerativi dell’economia mondiale, né tanto meno affermare che non esistono giochi di qualità prodotti da grandi distributori, voglio, solo per una volta, essere polemica (in modo anche eccessivo) e fare una riflessione sul fatto che sarebbe bello, di quando in quando, poter sfondare ‘ste cazzo di tassonomie e cominciare a mostrare interesse verso i contenuti. Sennò uno poi fa la fine della Apple che, a furia di concentrarsi sul concetto di innovazione, ha pure dimenticato cosa significa veramente.
Ben vengano Microsoft e Sony che dicono di voler investire sul mercato indie in maniera intelligente (cioè senza costrizioni di sorta) e ben venga Steam con tutte le sue iniziative in stile Greenlight e ben venga pure Oculus Rift, purché tutto questo non si trasformi nell’ennesima lotta senza quartiere dove a perderci, alla fine, sono sempre quei poveri coglioni di videogiocatori che giocano non perché fa figo né perché è di moda, ma solo perché quando lo fanno si sentono bene.

E dopo sta filippica sterile e deleteria, vaffanculo me ne torno a giocare a Element4l, và…

 

 

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100 colpi di Pad prima di andare a dormire

 

 

SisterDeath

Scritto da: SisterDeath

La nostra esistenza deforma l'universo. Questa è responsabilità.

29 pensieri su “Casual, hardcore e radical chic gamers

  1. Io mi trovo costretto a indire una specie di concorso
    per chi avrà voglia di aiutarmi:

    “trova una categoria a Messer Satanasso”
    (in regalo nè ricchi premi, nè cotillon, si sappia).

    Io mica lo so, in che categoria sono.

    Dunque:
    non sono un nerd, visto che non rispondo ai requisiti elencati dalla Sora

    e manco un geek
    visto che non so che stracacchio significhi benchmarkare sulle schede video e arraparsi pensando alla risoluzione del 4k

    bimbomichia
    bah, minchia magari sì
    ma bimbo proprio no, purtroppo

    newbie, haters, fanboy,
    non so che voglia dire, obviously.

    Sicuramente non sono un hardcore gamer
    e manco un casual gamer
    e manco un radical chic gamer

    al limite sarei un “once upon a time gamer”, ecco.

    Bene, i dati a mia disposizione sono questi:

    si ringrazia chiunque voglia darmi una mano a trovarmi una categoria
    in cui incasellarmi

    …e a culo tutto il resto (cit.)

    • Ma tu non hai ancora capito, caro Satanasso, che noi ti vogliamo bene proprio perkè tu non rientri in nessuna delle categorie: sei l’outsider dell’OT. E sono commossa poichè per una volta, proprio sul mio post, non sei andato OT. Grazie :D

      • Grazie a te, Sora.
        Ricambio tutto, ovviamente.

        Grazie a te, al Mister e a tutta la gente del blog che mi sopporta.

        In effetti io sarei un OT già di mio, essendo un non nerd in un blog che si chiama “nerds’ revenge”.

        Unico appunto:

        non m’hai commentato la citazione
        che, sembra assurdo,
        ma è in topic pure quella.

        Unico appunto:

  2. Io mi son sempre ritenuto un hardcore gamer, ma non di quelli snob, solo per il fatto che mi interesso di quel mondo e pondero gli acquisti, e ho i miei gusti “sviluppati”, nel senso che so il genere di giochi che mi piace.

    Mentre i casual tendono a giocare in modo più leggero e meno mirato.

    Detto questo, anche a me le classificazioni non piacciono e le etichette mi stanno strette, però a volte è necessario usarle per descrivere almeno le sfaccettature più accentuate :)

    • Io, infatti, non ho detto che sono inutili, sono adatte quando il discorso è superficiale, adatte e necessarie. Il problema è che ormai esiste solo la superficialità. Se ci fosse un equilibrio tra la mania di classificazione e l’osservazione critica, il mondo sarebbe un posto migliore.
      Detto ciò alla fine anche io sono un hardcore gamer inteso in senso lato, o meglio un gamer consapevole. (che ha più senso)

      • Comunque nella nostra era/società che ormai è velocissima, non ci si può più permettere di stare a scavare nel profondo per conoscere una persona o una cosa, si fa molto prima a guardare l’etichetta.

        Sempre rimanendo d’accordo con il tuo discorso, il problema è che o ti adegui o muori, e allora ti adegui alla superficialità e nell’intimo di casa tua elimini le etichette.

        Parlo per me, anche se ho scritto in 2^ persona :P

  3. Concordo pienamente. Gioco fin dall’infanzia, non per moda, perché mi piace giocare cazzo! Non sono uno smanettone ne un niubbo, semplicemente gioco. Mi piace e basta. Per me il videogioco è questo. Divertimento puro. Spesso mi piace accendere il mio vecchio SNES, NES o Mega Drive di turno e mi accorgo con felicità mista a tristezza che mi diverto quasi di più con i vecchi giochi. Sarà anche nostalgia (canaglia) ma in parte credo che sia frutto della commercializzazione eccessiva dei giochi cosiddetti tripla A. Una volta i giochi tripla A si chiamavano cosi perché ti lasciavano a bocca aperta, oggi i più ti fanno sbadigliare. Stacco, torno a giocare a Super Ghouls ‘n Ghosts

    • Io per lo stesso principio ogni tanto rimonto qualche vecchia console o mi rifaccio un giro con Dino Crisis.
      Però è anche vero che ci sono giochi che oggi vale la pena di giocare, anche tra le triple AAA. Non dobbiamo essere talebani del retrogaming. :D

  4. Io mi sono Sempre ritenuto un Wantstoplaywhathewant Gamer

    Apparte che da natura odio le etichette, ma alla fine io gioco a tutto…tranne gli sparatutto, quelli non li sopporto, Ovviamente ci sono sempre le eccezzioni (HL, Killzone, Portal).

    I giochi indie li adoro xD
    Supermeatboy e Castle Crashers sono i miei preferiti xD (Poi ce ne sono altri ma su ps3 ci sono solo quelli -.-)
    Io non posso giocare al pc per un semplice motivo: UNC’HOSOLDI! Farsi un Pcone costa, e non posso permettermelo.
    Se devo essere considerato un Casual bene, vi aspetto su Mortal Kombat “Muthafakkas” xD

    • Aaahahaha bellissimo il “muthafakkas” finale! Se ti fai il login a steam alla fine non serve un pc potente per giocare agli indie! Sono tutti giochi molto creativi ma che non sforzano per nulla l’hardware.

      • é prorpio un problema di come è costruito
        è un Acer detto anche il Computer di Ghost Rider perchè dopo 10 minuti di gioco si surriscalda e si spenge c.c

        L’unico gioco a cui posso giocare senza che si spenga è “The Binding of Isaac” che è un giocone ma dopo un’ora
        *Puf*
        il pc muore xD

  5. Bell’articolo, soprattutto la parte sulle etichette. Io mi ci ritrovo malissimo, credo di essere un po’ tutto e un po’ niente. Una nerd un po’geek, una gamer per caso (più che casual) che preferisce il gioco di ruolo al videogame, che però è nella sua vita da quando aveva un computer della Olivetti che credo esistesse solo a casa sua e ha usato sia pc che consolle e finisce forse per essere radical chic ma anche boh…
    Insomma complimenti anche solo per esserti messa a districare il nodo gordiano delle etichette…

  6. Un articolo interessante, ma troppo schematico. Per prima cosa, classificare e dare un nome è insito nella natura umana, e serve a ridurre la necessità di descrivere nel dettaglio ogni cosa. Provate un pò a parlare di qualcosa senza specificazioni. Alla fine, il tipo di interazione che si può fare con una macchina ha dei limiti. Definire un gioco “manageriale” “action” o basandosi sul genere “horror” ecc, è perfettamente lecito e non incide necessariamente in senso negativo sulle possibilità creative di chi lo sviluppo. Basta non esagerare. Altra cosa che non è vero che gli hardcore gamer usano il PC e le console i casual: dpiende dal genere preferito, ci sono alcuni generi che vanno bene sulle console e si può essere hard utilizzandole, anche se trovo i PC avere infinitamente più variazioni e possiiblità creative delle console, ma questa è una mia idea. Infine trovo che sì: l’influenza delle console da una parte, e dei casual gamer che sono pi numerosi ha portato a un appiattimento e una scadenza del livello dei gionchi in genere. Oggi giochi che ieri erano perfettamente accettabili non lo sono più oggi. Se cmque vogliamo polemizzare sull’uso dei termini classificatori, trovo invece, ,assolutamente ridicole le varie distinzioni che si fanno sulla musica. Ho chiesto a un mio amico che genere gli piace ed è uscito con almeno una 20na di termini diversi (tutta musica leggera, si intende). Calcolando che a ogni termine dovrebbe corrispondere almeno qualche gruppo musicale o artista diverso e ognuno di questi deve avere fatto almeno diverse canzoni di quel genere, avevo calcolato che aveva passato la vita a sentire musica facendo attenzione a cambiare genere ogni volta. Oppure, che la maggior parte delle distinzioni erano inutili.

    • Ovviamente tutto quello che ho detto nel post era un’esagerazione (ad esempio il discorso pc/console) proprio per dimostrare che non si deve esagerare con le etichette. Concordo sulla musica ma, almeno dal mio punto di vista, sui giochi avviene la stessa cosa. Forse a te non capita, ma al meno per la mia esperienza personale (di interazione con gamers veramente hardcore), è così.
      In tutti i casi leggendo la tua risposta ho dedotto che forse non sono stata capace di esprimere il vero senso del post, e probabilmente non riesco nemmeno ad essere ironica :D

  7. V’avevo chiesto una mano per trovarmi una categoria…
    …non v’accalcate, eh!

    Meno male che c’è la Sora che me l’ha trovata:

    io sono un OT!!!

    Bello eh.
    E mi sta una meraviglia.
    L’ho pagato pure poco.


  8. Luigi:

    Un articolo interessante, ma troppo schematico. Per prima cosa, classificare e dare un nome è insito nella natura umana, e serve a ridurre la necessità di descrivere nel dettaglio ogni cosa. Provate un pò a parlare di qualcosa senza specificazioni.

    Non è così. Infatti la morale (chiamiamola così, di passaggio) di quest’articolo non fa ostruzionismo al fatto propriamente antropologico per cui l’uomo debba circoscrivere e nominare la realtà che lo circonda in qualche modo. Bensì al fatto che si è persa la consapevolezza che i termini sono delle prigioni. Quindi il problema non è che bisogna accettare i termini, bensì è perdere l’elasticità necessaria che è quella che porta ingegno e rivoluzioni; invece di omologazioni e degradazioni (come sta accadendo, a riprova).

    Come diceva Nietzsche: – la verità è una linea curva e, ancora meglio, ogni volontà a tesa a delimitare una possibile verità non può che essere per approssimazione.

    L’articolo lo trovo molto interessante e assolutamente importante. Personalmente concordo con la riserva di un’aggiunta. In questi processi dove a perdere la partita è l’elemento più importante, cioè il videogiocatore, un elemento (che cito spesso) è quello della propaganda. Che esiste ed è più forte di quella che vigeva nella seconda guerra mondiale. Quella invisibile che forgia le nuove generazioni dove Cinema e Videogiochi sono il principale Medium.

    Questi prodotti puntano all’alienazione, alla spersonalizzazione, alla de-umanizzazione. Il gioco che è fantasia e libertà, proprio qui è censurato. Poco c’entra che devono fare giochi a portata di bimbominkia, c’entra più il fatto che il giocatore deve essere assorbito in processi dispersivi e ad effetto. Non ce ne accorgiamo nemmeno più di quale grado di non-gioco si sta raggiungendo.

    Giocare è crescere, questo era il verbo che muoveva le vecchie produzioni; ora giocare è omologare e – soprattutto – farlo attraverso una tassonomia fasulla e pacchiana, utile a creare dicotomie vecchie quanto Babilonia.

      • Tra refusi ed errori grammaticali, guarda, meglio non venga messo agli atti, altrimenti l’Accademia della Crusca manda a Chreddy un pesce morto …

        (dotta Cit, anche troppo famosa)

        Comunque quella di Satanasso [di cit.] è avvelenata. Chi ha orecchie per intendere intenda … hi hi hi

  9. Satanasso, te sei un Ulisse (della Rete intendo) lo dico senza nessun sarcasmo, sia chiaro:

    – colui che entra nei discorsi per far deflagrare, a sorpresa, una determinata critica e dopo che sei entrato in sordina con il suo “cavallo”. Sempre come lui senti il canto delle Sirene Nerd, non le vuoi raggiungere però in qualche modo ti piacciono e ti leghi per sentirle fino all’ultimo vocalizzo. Come Ulisse combatti per tornare a casa tua e non per conquistare una posizione. Come Ulisse aiuti a conquistare un territorio, perché devoto ad un principio e non perché vorresti mai divenire un Imperatore. Come Ulisse prendi posizione non perché sei sotto una bandiera, ma perché ti piace farle garrire ….

  10. Che minchione che sei :D :D … mi hai fatto ridere e ti avevo quasi fregato; l’avevo messo tra parentesi “della Rete” per non farti sparare minchiate mitologiche, invece mi tiri fuori la FIAT …

    .. e anche se ormai è inflazionata ‘sta cosa, non resisto; allora anche meglio di una Duna o di un’Arna.

    (attenzione perché adesso questi nomi prestano il fianco ad altri doppi sensi)

  11. Sono della categoria Retrogamer, dato che AMO i giochi Retrò. Ho solo il Computer e ho un telefono di 8 anni fa con Pong (No, giuro, Pong!). Non gioco a GDR Online o a Browsergame (Tranne Hero Zero e Shakes&Fidget, ma ormai molto poco). La grafica 3D non mi piace molto. Comunque se devo dire la verità sono un Real Gamer dato che gioco molto ai giochi veri (da tavolo) e non gioco molto al Computer (almeno da solo).

    • Kmq i browsergame sono tipici dei casual U_U se proprio devo fare la puntigliosa.. ahahahahhahah
      Bella la definizione del REAL GAMER :)

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