Infinite Jest il meraviglioso scherzo di un genio infinito – Parte 3

Infinite Jest

Questo post nasce da un off topic nei commenti di un altro post

Capita che Messer Satanasso stranamente vada off topic ogni tanto.

In uno di questo OT ha accennato a questo Infinite Jest di David Foster Wallace sfrigolandoci la curiosità.

Non so se davvero gli abbiamo chiesto di parlarcene, oppure lui ha deciso che glielo abbiamo chiesto, mi deve essere sfuggito qualcosa, ma ha cominciato a raccontarcelo a puntate nei commenti.

Siccome il suo sforzo di leggerlo è immane, e anche parlarne non è così facile, non vorrei che le sue preziosissime perle vengano perse come lacrime nella pioggia, quindi ho deciso di raccogliere quello che dice su Infinite Jest e fare una serie di post il sabato, che almeno ci facciamo meglio l’idea di cosa sia questo mastodontico libro e vediamo se leggerlo o no.

Quindi quello che segue è scritto da Messer Satanasso, non da me, e le altre puntate le metterò quando quel buon uomo me le manderà… e vediamo anche se riuscirà ad andare OT in un post scritto da lui su un suo argomento.

Visto lo… ehm… straordinario successo delle prime due parti, vi annuncio che ho deciso di accelerare la pratica e chiudere tutto in quest’ultima puntata (odo sospiri di sollievo in lontananza). Anche perché tre post per un solo libro, seppur complesso, mi sembrano abbastanza.

Carne al fuoco ce n’è parecchia, quindi direi di non tergiversare oltremodo.

Vi dico, non vi rivelerò il finale, ma qualche spoiler ci potrebbe scappare, cercherò di segnalarlo, ma poiché il mio consiglio è che questo libro vada rigorosamente (seppur faticosamente) letto, qualora abbiate intenzione di compiere quest’impresa titanica… beh, fatevi due calcoli.

Nell’Accademia la vita scorre più o meno tranquilla, tra un allenamento e un torneo (e varie assunzioni di stupefacenti). Tra i vari personaggi che ruotano in questo luogo, vale la pena di spendere due parole per Michael Pemulis, forse il miglior amico di Hal, quello che procura la “roba” e che si incarica di aggirare i controlli antidoping dell’amministrazione accademica, falsificando le urine. Non precisamente quello che si può definire un amico di scuola da frequentare.

Gira con un cappello alla marinara, che non toglie praticamente mai, ed ha inventato l’Eschaton, un gioco che vige nell’Accademia e che serve ad esercitarsi sui pallonetti e in matematica.

Il gioco è ai limiti dell’assurdo. Non a caso è ben spiegato nel libro. È una specie di war game in versione tennistica e boh, trigonometrica, credo. Ci sono 4 (o erano 6? Boh) campi da tennis attaccati l’uno all’altro che costituiscono un immenso planisfero dove vengono individuati dei territori mediante accatastamento degli indumenti. Lo scopo del gioco è quello di distruggere i territori avversari con l’utilizzo di palle da tennis a cui viene attribuita una potenza da 5 megatoni e che vanno tirate a pallonetto.

C’è poi uno che ha il compito di girare, con un computer messo su un carrello, per calcolare, con equazioni degne della partenza di uno shuttle, i danni reciprocamente provocati.

A giocare in prima persona sono le matricole, mentre i “vecchi” (Pemulis, Hal e la loro cricca) guardano da fuori facendo i ganassa.

(Spoiler)

Nell’opera viene descritta una sola partita che, dopo una preparazione monumentale e una spiegazione scientifica da mandare in ebollizione il cervello, si risolve in una rissa da bar dopo 5 minuti, perché il gioco ha una grossolana falla nel regolamento che viene individuata subito da uno dei giovinastri in gioco. Vi dico solo che il preposto al computer si ritrova con la testa nel monitor.

(Fine spoiler)

In parallelo alle vicissitudini dell’Accademia, viene poi narrato quanto accade in una comunità di recupero da alcol e droghe, dall’altra parte della stessa collina.

Qui troveremo i più grandi relitti umani in cerca di redenzione, tra cui spicca (si può dire che sia l’altro grande protagonista del libro) un tizio enorme, tipo armadio a quattro ante, ai limiti dell’acromegalia, che risponde al nome di Don Gately. Questo tizio, dopo un passato di delinquenza e assunzione di droghe pesanti, tra cui il Dilaudid, uno stupefacente dagli effetti devastanti, decide, Deo Gratia, di ripulirsi entrando in questa comunità, e riesce a disintossicarsi tanto da ritrovarsi a lavorare lì come inserviente.

Un bel giorno, però, nella comunità arriva una ragazza di una bellezza devastante, dipendente dal Freebase, Joelle Van Dyne,

(spoiler)

Meglio conosciuta, nel programma radiofonico che conduce(va), come Madame Psychosis. Questa fanciulla gira con un velo sul viso, che non toglie mai, ma proprio mai, perché è rimasta sfigurata e perciò ha preso parte ad una specie di associazione di gente che ha lo stesso problema e quindi si copre il viso in pianta stabile.

Si scoprirà che questa ragazza ha subìto il fascino di Orin, con cui ha avuto una storia d’amore prima della deturpazione, nonché un amore platonico con James Incandenza, che l’ha scelta come musa ispiratrice per un suo film.

Indovinate quale film?

Sì, Joelle (non ancora sfregiata) è la protagonista di Infinite Jest, directed by J.O.Incandenza.

(Fine spoiler)

In questa comunità i metodi per la disintossicazione sono basati su degli incontri che sembrano dei lavaggi del cervello o, almeno, a me pare che DFW ne dia questo taglio critico. La storia, all’interno della comunità, si dipanerà essenzialmente sul rapporto di amicizia/infatuazione tra Madame Psychosis e Don Gately, con diversi eventi che non sto qui a raccontarvi perché se qualcuno volesse magari leggerlo, è giusto che se le scopra da solo le cose.

Infine Wallace porta frammentariamente avanti un dialogo tra un agente dell’FBI travestito da donna e uno dei terroristi sulla sedia a rotelle, che ha tradito i suoi e si è venduto al “nemico”.

Questa è, grosso modo, la trama-base di Infinite Jest, presa, scarnificata, deturpata e buttata dentro a calcioni e pestoni in un raccontino da me sciorinato, peraltro male in arnese, e di questo non posso che costernarmi con la grandezza di David Foster Wallace.

Non basatevi tanto sulle mie parole per giudicare la sua magnificenza letteraria, non sarebbe giusto, non sarebbe esatto, sarebbe mostruoso.

Il mio obiettivo è solo quello di spingervi ad interessarvi a questo grande autore, a mettervi una pulce nell’orecchio, a segnalarvi un libro che non è un passatempo tra una fermata e l’altra della metro o sotto il proverbiale ombrellone, d’estate.

Infinite Jest è un romanzo a cui si deve consegnare la propria totale attenzione e concentrazione, perché potrà donarvi molto, se avrete la voglia e la pazienza di superare gli ostacoli che il testo presenta.

Wallace è descrizione, Wallace è linguaggio, Wallace prenderà a schicchere le parti più regresse del vostro animo che credevate di avere solo voi, e invece le troverete lì, nero su bianco, da vent’anni, mentre credevate non fosse possibile.

Vale la pena di provare, dai.

 

 

Post precedenti:

Infinite Jest il meraviglioso scherzo di un genio infinito – Parte 1

Infinite Jest il meraviglioso scherzo di un genio infinito – Parte 2

 

 

Scritto da: MrChreddy

"Sono la prova scientifica che si può vivere una vita intera in completa assenza di cervello"

7 pensieri su “Infinite Jest il meraviglioso scherzo di un genio infinito – Parte 3

  1. Ok, ora che ho il quadro completo, posso dire che questo libro non fa per me.

    Potrei provare, ma mi arenerei quasi subito mollandolo lì.

    E’ tutto molto affascinante, DFW, il libro ecc…ecc… ma non fa proprio per me. Ho bisogno di una storia compiuta, che a leggere i voli pindarici mi stufo subito.

    Son terra terra. :)

    • Wallace si basa molto sul linguaggio e sulle costruzioni delle frasi.
      Quindi per conoscerlo, alla fine, non te lo possono raccontare, te lo devi leggere.

      Sì, in effetti se non sei davvero tenace, in molti punti il rischio di arenarsi è ai limiti della certezza.
      Ecco perché, almeno nel mio caso, quando sono riuscito a completarne la lettura, la soddisfazione è stata doppia, forse tripla.

      In ogni caso, se l’autore ti affascina, ti consiglio di leggere “Una cosa divertente che non farò mai più”,
      in cui lui stila un reportage di una crociera a cui prende parte.

      E’ un libro molto piccolo, molto snello e terribilmente sarcastico.
      E puoi iniziare a conoscere la grandezza di questo autore.

      • Mi sa che quello allora lo leggo perché:

        1 – E’ corto e sembra uno stuzzichino per vedere se piace

        2 – Mi piace il sarcasmo

        3 – Sembra il titolo di uno dei miei post XD

        • Sì, l’unica cosa è che, se non ricordo male, ci sono le note a piè pagina che interrompono la narrazione
          e possono “scoraggiare”.

          Io leggo tutto, perché le note spesso sono ancora più spassose,
          ma se proprio non ce la fai, volendo, in genere si possono saltare.

          In ogni caso, io l’ho letto diverso tempo fa, e mi ci sono divertito un bel po’

          era una continua critica caustica al divertentismo a tutti i costi che aleggia in queste situazioni.

          • Sì, ho letto che ci sono una marea di note a piè pagina, e nemmeno tanto brevi.

            Odio le note a piè pagina. Odio proprio le note.

            Ci penso un attimo, finisco quello che sto leggendo, poi vedo se dargli una chance :)

  2. L’importante è che questi articoli rimangano nel database e rimangano a disposizione.

    Una curiosità extra argomento, secondo Te che hai avuto un approccio approfondito diciamo con l’anima dell’autore, hai un tuo sentore sul perché si sia suicidato?

    • Quando qualcuno si toglie la vita, spesso neanche i parenti più stretti sanno il perché.

      Diciamo che sarebbe pretenzioso riuscire ad individuare una causa solo avendo letto alcuni suoi libri.

      Recentemente è uscita una biografia su DFW, in cui mi pare si dica che era in depressione, però ecco, sono cose lette qua e là, perché la biografia non l’ho letta.

      Il punto è che non voglio legare la grandezza dello scrittore ai gesti estremi della sua vita personale.

      Troppe volte un artista è diventato grande più per la sua prematura scomparsa o per alcune particolari vicende personali
      che per la sua produzione artistica.

      Io mi fermo al dato che DFW scriveva in modo pazzesco, aldilà della sua vita personale.

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