Steve Jobs e la brutta storia dei bio-pic

Steve Jobs

Come promesso, oggi parlo del secondo film visto in settimana. Il fatto che pubblichi 2 post di fila, è chiaramente uno dei segni dell’Apocalisse imminente. Per dire. Se diventano 3, cominciate a cercare riparo.

Comunque, questo sono andato a vederlo perché volevamo vedere un altro film, ma le sale erano tutte piene zeppe, solo posti in piedi. Invece per Steve Jobs di posti ce n’erano a strafottere, di sabato sera. Sarà un caso, oppure non frega niente a nessuno di conoscere la vita di quello che ci ha modificato la vita con i suoi prodotti?

A me, sinceramente, il film interessava poco, ma ormai ero al cinema quindi mi sono infilato in sala.

Parlare di questo film mi sembra un’ottima occasione per fare un discorso sui bio-pic in generale.

I bio-pic, ossia i film che raccontano la vita di qualche personaggio famoso, sono sempre interessanti, anche se con i loro grossi limiti intrinsechi. Primo dei quali è che, nel 99% dei casi, sai già che il protagonista alla fine muore. Insomma, lo spoiler è intrinseco.

Secondariamente i bio-pic devono parlare di personaggi famosi e renderli interessanti. Non è detto che qualcuno, passato alla storia o agli onori della cronaca per qualcosa di eclatante, abbia per forza avuto una vita interessante, avventurosa, o degna di essere raccontata. La cosa non è affatto scontata.

Steve Jobs - Michael Fassbender

Guarda quanti colori quadrati…

Magari una persona divenuta famosa per un singolo avvenimento significativo, un flash di epicità in una vita passata sul divano a guardare la televisione sgranocchiando patatine. Ecco, il film non si potrebbe fare, a meno di non concentrarsi su quel singolo evento, oppure inventare, arricchire e riempire quella vita scialba, pompandola con avvenimenti, dialoghi e personaggi costruiti a tavolino per rendere interessante ciò che in realtà non è.

Nella ricostruzione degli avvenimenti, poi, c’è sempre il fatto che sceneggiatore, regista, produttore e chiunque ci sia dietro il film, ne dia una propria personale visione. E ci mancherebbe altro.

La conseguenza naturale di queste cose è che, ritraendo la vita di un determinato personaggio, si tenda a esaltarlo, a renderlo migliore di quello che è, o è stato, nella realtà, disumanizzandolo e innalzandolo a una specie di superuomo senza macchia né difetti. A meno che non sia la biografia di un personaggio comunemente ritenuto cattivo, in quel caso si esagera dalla parte opposta.

Steve Jobs - Cast

Calmi, ragazzi, fra un po’ comincerà a parlare anche del film, me lo sento!

Un esempio lapalissiano di questo fenomeno è, per esempio, Dragon – La Storia Di Bruce Lee che più di un bio-pic sembra un’agiografia. Alla fine del film quasi mi aspettavo di vedere Bruce che insegnava il Jeet Kune Do a San Pietro e agli angeli.

Oppure la vita del personaggio è così influenzata dalla visione del regista, da diventare la metafora di qualcos’altro, come è successo a Lincoln che, nelle manone di Spielberg, si è trasformato da presidente degli Stati Uniti d’America a novello Mosè che salva gli schiavi dall’Egitto.

Steve Jobs - Direttore

E io salverò gli uomini dalla tecnologia libera, schiavizzandoli con sistemi chiusi e fini a se stessi!

Anche questo ci sta. In fin dei conti rimane sempre la regola base che, se fai un film, è perché vuoi o hai dire qualcosa. Poi sta a noi pubblico capirlo e apprezzarlo.

Però ci sono anche dei bio-pic che mi sono piaciuti molto, come La Caduta, sugli ultimi giorni di Hitler nella Tana del Lupo e Charlot – Chaplin di Richard Attenborough su… ehmmm… Charles Chaplin, ovviamente. Il motivo per cui mi sono piaciuti è semplice: mentre li vedevo non mi chiedevo se fossero cose realmente successe o dialoghi avvenuti sul serio, ma ero più rapito a vedere le sfumature di un personaggio che, almeno nella finzione, era dipinto a tutto tondo, con i suoi pregi, i suoi difetti. Insomma, sembrava quasi di vedere un film su un essere umano realmente esistito, piuttosto che su un mito inventato per soddisfare il pubblico.

Steve Jobs - Kate Winslet

Emmò che cazzo c’entra Hitler?!

Ed ecco che arriviamo, dopo questa lunga premessa, a Steve Jobs, il film di Danny Boyle su quel mostro mediatico di Steve Jobs.

Faccio un piccolo passo indietro. Nel 2013 è uscito Jobs un altro film su Steve Jobs, interpretato da Ashton Kutcher. L’ho trovato un pochino banale e fondamentalmente inutile. Il regista, Joshua Michael Stern, si limita a una cronistoria, sorvolando sui fatti meno piacevoli che riguardavano Steve Jobs e ammorbidendo quelli che deve lasciare, senza dire alcunché di interessante. La cosa peggiore del film, però, è che il buon Ashton, che somiglia molto a Steve, invece che interpretarlo, lo imita. È una cosa un po’ straniante che non ti fa credere nemmeno per un minuto di vedere Steve Jobs, ma solo Ashton Kutcher che fa finta di camminare come lui, di muovere le mani come lui e fa finta di parlare come lui.

Steve Jobs - Ashton Kutcher e Steve Jobs

Due Bit d’acqua!

Ora, a distanza di un paio d’anni, era davvero necessario fare un altro film su Steve Jobs, visto che comunque il primo non ha avuto successo?

Evidentemente sì, perché il primo era una sceneggiatura originale, mentre questo è tratto dalla famoserrima biografia ufficiale scritta da Walter Isaacson.

Steve Jobs - Telefono

Telefono! Steve Jobs telefono casa!

L’approccio di Danny Boyle è totalmente diverso da tutti i bio-pic visti fino a ora, non ti fa vedere una cippa della vita di Steve Jobs, ma la fa raccontare dai personaggi durante tre momenti salienti della storia del protagonista. Ossia, prima della presentazione del primo Macintosh, prima della presentazione del NextCube e prima della presentazione del primo iMac. Una serie di personaggi legati alla persona di Steve Jobs vanno a parlare con lui sviscerando la sua vita, i suo carattere e il suo modo di vedere la vita, le persone, la tecnologia e gli utenti finali.

Steve Jobs - Danny Boyle

Il mio approccio è che vi annoierò fino ad ammazzarvi!

Steve Jobs non è un film, ma una piece teatrale in cui i personaggi parlano di quello che è successo tra di loro. Parlano ininterrottamente per ben 2 ore di fila. In pratica Boyle ti gonfia un testicolo all’ora, fino a farti esclamare: “Macchedduecoglioni!

Steve Jobs è la noia fotonica che si è incarnata in un film. Per riuscire a seguirlo bisogna sapere già, prima di entrare al cinema, cosa è successo, quando è successo e perché è successo. Non mi reputo una persona intelligente, ma nemmeno troppo stupida, però, spesso, durante il film mi sono chiesto: “Ma di chi cazzo stanno parlando?! Ma che cazzo stanno dicendo?!

È più o meno la stessa cosa che mi è successa leggendo il Consiglio di Elrond ne Il Signore Degli Anelli: cinquanta pagine di storia socio-politica della terra di mezzo, con personaggi che parlano senza essere presentati o accennati.

Steve Jobs - Spararsi

Leggo nella mente del pubblico…

Accanto a me, durante Steve Jobs, c’era gente che stendeva i cappotti per terra e si sdraiava a dormire in attesa della fine. E l’ottimo lavoro di Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels e tutti gli altri, purtroppo, non salvano il film né lo rendono più interessante.

Apro una piccola parentesi su Michael Fassbender. Fisicamente non c’entra una mazza con Steve Jobs, al contrario di Ashton Kutcher, però, con la sua interpretazione, piano piano, durante il film si trasforma lentamente nella persona che sta interpretando, al contrario di Kutcher. O meglio, credo sia dovuto all’interpretazione di Michael e non alle allucinazioni causate dalla noia abissale in cui ero sprofondato.

Di Caprio

Voglio… l’Ossssshcarrrrr, Tesssssoro….

Ma Steve Jobs non è un film sbagliato solo come approccio, è anche sbagliato come struttura. Boyle passa un’ora e cinquantacinque minuti a dipingerti un personaggio deprecabile, insensibile, arrivista, sociopatico, irriconoscente, che sputa su tutto e su tutti e poi, negli ultimi cinque minuti, ecco che, con colpo di mano, esce fuori il genio dal cuore d’oro, che è sempre rimasto nascosto per… boh, non si sa esattamente il perché…

Steve Jobs - Kate Winslet e Michael Fassbender

… per ‘ste due gran palle!

Però capisco che il finale sia così. Non si può parlare male dei morti e, soprattutto, non si può parlare male dell’idolo di quelli che dovrebbero pagare per vedere il film. Alla fine bisogna riabilitarlo, bisogna fare l’occhiolino alle masse adoranti e dire: “Guardate che non è stronzo davvero. È che negli affari, per proteggersi e diventare miliardari, bisogna fare così, ma sotto sotto il vero Steve è quello che tutti voi amate amare, una persona buona, una persona dal cuore d’oro che ha rinunciato all’amore per realizzarsi. Tranquilli, fan adoranti, Steve cagava davvero arcobaleni…

Steve Jobs

Stay hungry. Stay foolish. Stay a casa!

In sintesi, dopo questa spataffiata di post noioso, quello che voglio dire è che Steve Jobs è un film piuttosto inutile, potete benissimo evitare di vederlo, sia che siate fans, sia che siate detrattori. E comunque, SPOILER, alla fine muore.

 

 

Tutti i film di cui ho parlato:

Nerdcensioni

 

 

Scritto da: MrChreddy

"Sono la prova scientifica che si può vivere una vita intera in completa assenza di cervello"

9 pensieri su “Steve Jobs e la brutta storia dei bio-pic

  1. Solo questa frase “Boyle ti gonfia un testicolo all’ora” meritava di leggere il post anche se è un film che non vedrei mai pur apprezzando come attore Michael Fassbender!
    Cmq grazie MrChreddy per esserti sacrificato…per noi…e a molti di noi interessati al film…aver risparmiato l’agonia… :D:D:D

  2. Sì, anch’io, quando ci sono andato (e andiamo allo stesso cinema), c’erano quattro gatti in croce.

    Pur apprezzando la roba con la mela (ho pure il mac, per capirci), ovviamente c’ero andato perché era un film di Danny Boyle

    non perché era su Steve Jobs.

    Sul quale ormai fanno più film su di lui che su Gesù a Pasqua su Rete4

    • Mah, io Danny Boyle ho smesso di considerarlo dopo Slumdog Millionaire. Non sarei dovuto andare, ma ormai ero al cinema.

      Vabbè, niente, il resto l’ho scritto nel post, non c’è molto da dire sul film :D

  3. Abraham Lincoln non è stato il primo presidente degli Stati Uniti d’America, ma George Washington…

    Dopo il momento “preciso della minchia” sono felice di vedere che stai postando addirittura ogni giorno.

    Sul film ho poco da dire, mi pare solo che sia strano che Boyle abbia fatto un film brutto essendo un grande regista, per quanto mettersi a fare il secondo film su Steve Jobs in appena 4 anni dalla sua morte, mi sembra una scelta senza senso da parte di uno come lui. Magari, vista la fissazione che gli americani(ma non solo) hanno per la Apple e il suo creatore, pensava di guadagnare al botteghino con il minimo sforzo, tipo come rubare le caramelle ad un bambino…

    • Ciao Bruce, corretto la cosa del presidente, in effetti è il 17°, però vabbè, sono ignorante.

      Senza offesa, ma se non fai i film su Steve Jobs ora che il ricordo è ancora fresco, fra un po’ non se lo ricorderà nessuno, devi battere il ferro finché frega ancora a qualcuno, o almeno provarci, perché entrambi i film sono andati male.

      Come dicevo a Satanasso, Danny Boyle, dopo il brutto scivolone di Slumdog Millionaire e In Trance (che non è un film, ma la pubblicità di H&M lunga 2 ore) non lo seguo più.
      127 Ore non mi è dispiaciuto, ma non lo rivedrei mai più e da questo non mi aspettavo molto.

  4. Detesto Boyle, spezzando qualche lancia a favore per i suoi modi di saper – ogni tanto – decentrare la storia con stile. Niente che lo salvi dall’essere comunque un mediocre sopravvalutato che sa solo giocare d’effetto.

    Questo penso, al di là della modestia di Chreddy e di dire che sia un articolo “noioso”, sia uno tra gli articoli più maturi e sensibili scritti da Chreddy. Per intenditori.

    E comunque, a me Steve Jobs, piaceva e piace. Avercele con lui ed essere coerenti per questo, significherebbe essere anarchici nei fatti, e non a chiacchere. Questo è il sistema e te lo ciucci. Il discorso dei sistemi chiusi, come vengono chiamati, li ritengo discorsi privi di ogni coerenza e sganciati dalla realtà che tutti amiamo.

    … “io” (io Jobs) faccio quello che voglio io, se ti piace te lo compri, paghi e alle mie condizioni. Fine della storia. Altrimenti compri da un’altra parte. Non te lo ordina il dottore.

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